Enrique Pardo, direttore del Pantheatre, propone il suo TEATRO COREOGRAFICO, un teatro fisico che permette l’esplosione dei testi, incorporati nelle maglie coreografiche: il linguaggio si trasforma in una componente poetica dell’immagine e non è più il sovrano teatrale, mentre la voce raccoglie ed esprime l’emozione. Accanto al teatro coreografico, Enrique Pardo lavora sulla Performance Vocale, che definisce in questi termini: “Esplorare la propria voce, i suoi margini di possibilità richiede non soltanto un impegno attento e considerato, ma anche un certo coraggio emotivo e immaginativo. E’ un’avventura strabiliante nella sua libertà e diversità, non solo confinabile ad escursioni folli o eroiche, esilaranti, come questi viaggi potrebbero essere. L’esplorazione potrebbe essere lunare, lirica o deliziosamente triste. Potrebbe far arrivare fantasmi inaspettati e ricordi, incontri emozionanti. Oppure spaventare. In sintesi: ad ogni persona e ad ogni luogo la propria immaginazione e musicalità”. La PERFORMANCE VOCALE si basa su due principi complementari: la finezza tecnica e il rischio espressivo. Cerca di valorizzare il genio personale dell’artista (musicalità e carattere) al posto della pertinenza (o impertinenza) di quello che si deve dire, che sono le parole, il gesto, il canto, l’immagine, il grido, il silenzio o la loro sintesi in un teatro coreografico. La nozione di TEATRO COREOGRAFICO, sviluppata da Enrique Pardo, è l’etichetta che riflette al meglio la complessità del suo lavoro (vicino, ma diverso, alle correnti contemporanee come il teatro – danza, il teatro fisico e corporale, il teatro d’immagine e non narrativo, le performing arts etc). Il lavoro di Enrique Pardo offre una delle sintesi più complesse dell’integrazione del movimento, della musica, della danza, della voce e del canto, ma soprattutto del testo parlato, quello che troppi artisti contemporanei, molto influenzati dalla danza, hanno lasciato da parte per barcamenarsi in situazioni visuali e musicali.